Eccoci al 2° appuntamento: è sera e tanti sono già stanchi, fuori fa freddo e la neve minaccia di rallentare il nostro ritorno…

Elisa ci mostra i lavori che hanno fatto i bambini a scuola durante i laboratori e subito il calore dei colori ci conforta e scalda il clima, ci lasciamo accompagnare verso l’”oltre” dell’immigrato.

Attraverso la voce di Elisa (che ha personalmente raccolto le testimonianze) ascoltiamo il racconto di chi ha deciso di migrare.


Si decide di lasciare la propria terra per diversi motivi, c’è sempre un bisogno che cerca soddisfazione.
- Il bisogno economico.
- Il bisogno di ricongiungersi con chi è già partito.
- Il bisogno di una propria indipendenza.
- Il bisogno di trovare un modo di riscattarsi.
- Il bisogno di sostenere una famiglia.

Ci accorgiamo che sono tanti i bisogni che spingono una persona a prendere questa decisione e soprattutto che possono variamente intrecciarsi nella sua vita e rendono unica la sua esperienza.

Quello su cui si investe è un immaginario che nasce dai racconti di chi torna (e non dice della fatica e della sofferenza) dalle immagini che viaggiano attraverso i mass-media (ANTICIPAZIONE MIGRATORIA).

E’ un immaginario risolutore e a volte salvifico che deve poter sostenere una complessa e sofferta decisione, ma che raramente si realizza.

Allora, poi, il progetto cambia, si modifica, si RIELABORA perché possa permettere un’esistenza pur vivendo DIVISI.
Divisi fuori: noi e loro.

Divisi dalla lingua, divisi dalla religione, divisi dagli abiti, divisi dalle abitudini…divisi perché non ti chiedono nemmeno il nome (VIVERE IN UNA TERRA DA STRANIERI).

Divisi dentro: attaccati alle proprie origini, ai propri ricordi, alle proprie abitudini…ma protesi verso il nuovo contesto, verso il proprio futuro (LA TUA TERRA TI RICHIAMA).

Noi potremmo percorrere con loro il ponte che attraversano per superare la divisione ma potrebbe non essere facile nemmeno per noi. (RELAZIONE).

Perché dovremmo percorrerlo? Noi dove vogliamo andare?
E’ importante rispondere a queste domande prima di mettersi al loro fianco.
Non è facile mettere da parte le nostre aspettative e non rimanere delusi quando ci accorgiamo che non coincidono con quelle dell’altro.

E allora cosa succede?
Mi sento tradito. Mi sento usato. Mi permetto di giudicare. Faccio marcia indietro.
Sono tutti vissuti reali e leciti che però confondono e rendono ancora più difficoltosa una comunicazione che già non è facile.

E’ importante decidere di fare quel percorso non da soli, è importante pensare di condividerlo sempre con altri, con cui confrontarsi, con cui misurarsi, a cui appoggiarsi (BISOGNO DI AIUTO/ LASCIARSI AIUTARE).
Forse così si può valorizzare l’IDENTITA’ ETNICA come una risorsa, come una ricchezza (…”la scatola degli attrezzi” in cui posso trovare quello che serve) e non rimanere imprigionati nella sua “camicia di forza” che impedisce il contatto, che contrappone me a lui e non ci fa andare oltre.

Per me è stata un’esperienza importante perché mi ha permesso di incontrare e di conoscere, di confrontarmi e di condividere.
E’ questo lo spirito con cui vorrei essere capace di vivere i prossimi incontri, e mi auguro di incontrare persone che chiedendo il mio nome mi riconoscano come persona che ha diritto alla propria dignità anche se non coincide con la sua.

Eleonora Rancan

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